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lunedì 23 gennaio 2017

Moralmente superiori?

Un risibile “pre-giudizio” ideologico che noto ripetersi in continuazione è che chi è “di sinistra” o comunque che segue l’ideologia liberal oggi di moda, ritiene di essere, per il solo fatto di sostenervi le tesi e le cause, “moralmente superiore” agli avversari, avversari che fa presto a discreditare accusandoli o sospettandoli di ogni palese o nascosta nequizia. Questo atteggiamento auto-referenziale è “il solito vecchio snobismo della sinistra moralmente superiore per auto-decreto antropologico” come disse qualcuno.

Qualcosa di simile lo riscontravo anche nel seminario teologico che ho frequentato e dov'era comune sentire affermare che chi non condivideva l’approccio storico-critico liberale all'interpretazione della Bibbia fosse “necessariamente” “intellettualmente disonesto”. Per essere considerato “onesto”, gli “esperti” nel campo sarebbero stati da accettare incondizionatamente, da cui “l’orrore” verso il fondamentalismo. Come si può essere così ingenui dal non comprendere che ogni posizione, anche quella degli “esperti”, deve essere giudicata sulla base dei presupposti che ne determinano le conclusioni? Quali sono, infatti, i presupposti filosofici del liberalismo critico? Sono validi? Ne consegue che chi ha fatto della critica la propria ragion d’essere non sa o non vuole criticare sé stesso. I loro pre-giudizi li portano ad accettare acriticamente posizioni che ritengono assodate mentre non lo sono affatto.

È sostanzialmente la stessa adesione “per fede” pseudo-oggettiva non meno “religiosa” di quella di cui vengono accusati gli avversari. È l’identico atteggiamento dogmatico di coloro che credono ciecamente ai supposti “indiscutibili” dogmi della “scienza”. È lo “scientismo” di fatto non condiviso dalla maggior parte degli scienziati che per principio sostengono la falsificabilità delle loro stesse tesi ed ipotesi.

Sono gli stessi pre-giudizi che portano quegli stessi “di sinistra” a considerare in modo negativo persone particolarmente benestanti, “i ricchi”, come se le loro ricchezze fossero sempre risultato di disonestà, ingiusto sfruttamento ed immoralità. Ma poi, sulla base di quali presupposti etici li giudicano immorali? I loro propri presupposti. E perché i loro propri presupposti dovrebbero essere considerati validi ed assoluti? Perché mai, ad esempio, si dovrebbe accettare il principio dell’uguaglianza, come definito dalla filosofia di questi loro critici? Chi l’ha stabilito e su che base che l’uguaglianza debba essere un valore assoluto?

Dunque, “moralmente superiori” perché lottano per quei valori che essi stessi ritengono assoluti sulla base della loro fallace antropologia da loro accolta e creduta religiosamente? Perché mai bisognerebbe accettare per valida la loro antropologia? Noi, cristiani “fondamentalisti” ne abbiamo una diversa: perché dovremmo assoggettarsi ad una opinabile concezione del mondo concorrente basata su presupposti diversi dai nostri? Solo perché oggi “prevale” ed è stata accettata per buona dai più?  Oppure perché si suppone (ma su che base) che sia “l’apice del progresso”? Perché il tuo criterio di “progresso” dovrebbe essere dato per buono? Perché il criterio “della maggioranza” dovrebbe essere imposto? La maggioranza non potrebbe sbagliare?

Mi rendo conto che questo mio discorso potrebbe essere considerato relativista. Di fatto io credo in valori assoluti, quelli rivelati da Dio nella Sua Parola scritta, la Bibbia, così come è interpretata dall'ortodossia cristiana (il fondamento su cui mi poggio). Quello che contesto è che io debba accettare per buoni e sottomettermi ai principi filosofici dei"signori" del pensiero moderno, quello che oggi va per la maggiore e che è sostenuto in modo altrettanto religioso. Se tanti "cristiani" si piegano alle ideologie ed allo spirito dei tempi, io mi sottometto ad un solo Signore, e non è quello.

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